Per chi non conosce il dialetto lucchese, ecco qua un
escursus.
Occorre fare una distinzione tra Lucca dentro e Lucca
fuori, ossia dentro e fuori dalla cerchia muraria: la lingua parlata è
per lo più quella di Lucca dentro. Per dare un'idea ecco una via di mezzo
tra poesia e prosa, composta dal boss di Fillungo Net, remixando stralci di
antiche poesie presenti in "Lucca mia bella" di Gino Custer De Nobili,
con invenzioni totali, in modo da ottenere la narrazione di una giornata tipica
in città, con amori, odi e tutto il resto.
Una giornata a Lucca
Si svéglia Lucca un po' ballocciorosa...
La
gente sorte fòri dalle logge...
I pìtori insonnoriti
principiano a fistiare...
All'otto, bamboretto, giù dal letto, che è
l'òra!
E doppo s'ha a fa' un bel lavoro:
si va un poghino al
passeggio fino alla tore Guinigi.
Ma come reman bello San Martino,
a star lì ti par di diventar guasi divino.
O San Frediano, longobardo
a arcate
così diacce e spreporzionate!
Anco Dante ha visitato San
Frediano,
ha sentito 'l sapor di buccellato, necci e riotte...
Arivò
com'un messia, l'aspettavan anco 'mmatoni.
Ma davero? O 'sie, un è
mia vero! Pòle darsi...
I banchetti vendano i rinfreschi col pìpporo
e le cialde...
Il ventaccio solleva per le strade
un polverume fitto e
teroso,
e anco il cielo è un immenso pipiume
di gavòcciori,
lèzzore e lanaccia.
Da che verà un vento così che un si
sta ritti?
All'òra di mangià, si sente per le vie
il
profumo degli arosti in forno e dei ballocciori,
che se un pigli la via di
'asa stianti dalla fame.
A Lucca se ti mòvi, fai tre o quattro
strade
e ti ritrovi subito nel Fillungo.
Trovo un amico... "Anderéi
'n Piazza Grande..."
Si discore di robbe ganze...
Si riè nel
Fillungo.
Vado dietro a una bimba nsulle Mura...
Ni studio le mossine,
la figura...
Indove s'ariva? E dalli nel Fillungo!
Un c'è sfogo,
si camìna e si resta sempre lì.
Nel mondo 'un te la prendere
di nulla,
raffiditi agli amici che trovi nel Fillungo!
La gente che
pòle spende un popò di più,
va 'n su e 'n giù, e
struscia 'ppiedi in tera.
Chi vòle fa' un po' 'l bello, va a sedere,
se
c'è pòsto, in modo che lo possino vedere.
Poi un mancano i
commenti:
"Hai visto lulli'?"
"Qualo? Chie? Quel seghino
togo,
col bruglioro sulla nappa?"
"Hai visto lelli'?"
"Quala?
Quel gavorchio la'?"
A chi fistia lullì? Chi vòle? Tanto
un ti vòle!
La dichiarazione all'amata donna
ni si fa sempre
doppo il Fillungo,
specie chi è un ragazzo ammodo e corètto,
che
ni garba dinni la parolina avvoltorata:
"Se 'un n'è di
sacrificio, mi permètto
di fermarla un popoino
per dirli in
confidenza du' parole.
Un sò se lèi si sarà accorta
quel
giorno che la viddi fòr di porta...
Io li passai tre o quattro volte
accanto,
e poi li venni dietro per vede' ndove stava.
Ora, li vorèi
dire, se non li dispiacesse,
che da quel giorno penso sempre a lèi...
Propio
davero, sa?
Pertanto, s'anderèbbe 'n là finchè
non
mi dicesse se li va la mi' propòsta?
Aspetto per piacere una rispòsta."
Ma
un ci sono solo rose e fiori,
c'è anco chi vorébbe fà a
stiaffi.
"Te, pezzo di mota, sorte di lì!".
Ma sente lì,
è propio nìfito lullì.
"Perchè, nsenno' che
fai?
Che avvanzi? Voi becca' li stiocchi?"
"Fegùriti,
vieni vi' e chiappi 'na ciaffata!"
"O ciospo, s'ha a vede', io ti
tiro
un gioo di manate che ti piglia l'aonco!"
Un trova poso, un c'è
versi,
finchè un n'ha messo
le mani nel muso al tizio fesso
o
ha chiappato lù du' labbrate.
Allora quelli più grandi a di':
"Se
'un fòssito bamboretti, v'acciuccigneréi!"
"Se fossi
tu' pa', ti darei una bella stintignata!"
"Se ti sciambrotto io la
chiorba
vai a vòltori per du' giorni, mammalucco!"
E poi la
gente si mette a ride...
"E' l'òra di falla finita d'esse così
sciabigotti!"
Poi lòmini che un gostano neanco dumila lire,
che
sono dei ciòttori da raccattassi colla pattumiera,
un discorono che
di fuffigni e di donne, nsulle mura.
Qualcheduno sgràciola i pallòccori
di tera,
altri guardano le fontane che spisciorano,
per passà un
popoino il tempo.
Ma quante n'en seguite in poghi anni!
Cose che a
ripensarci 'un sembrin vere.
Il sole comincia a perde lustro...
Il sole
cala, pogo per volta, cala, cala... mòre.
Lucca si fa più vòta,
la giornata è fenita...
Via anco léi... via... Che dolore!
"Una
giornata a Lucca" e' copyright (C) Fabio Ciucci 1997
Piccolo vocabolario dei termini usati nel componimento:
E' uso comune dire fisTio, sTiaffo, sTiocco, sTianto, sostituendo il CH con
la T.
Spesso si sostituisce la C e con la G, ad esempio si dice pòGo,
Gòsta, anzichè poCo e Costa.
Alcune volte si sostituisce la Q
con la G, ad esempio si dice Guasi anzichè Quasi.
La doppia erre
raramente si pronuncia: torre, corretto, terra, mattoni diventano tòre,
corétto, téra, matòni
Altre caratteristiche: anzichè
NON, si usa dire UN, anziche' GLI si usa dire NI, ad esempio "Ni garba
dirni (o dinni) quelle cose".
Quale, diventa qualo se riferito a cosa
maschile, quala se riferito a cosa femminile: "Quala vòi? Ma qualo
dici?"
balloccioroso: lesso, rincotto, stordito.
balloccioro:
castagna lessata con la buccia.
pìtoro: pulcino, uccellino.
insonnorido:
assonnacchiato.
bamboro, bamboretto: bambino.
diaccio:
freddo.
buccellato: dolce caratteristico lucchese.
neccio:
piccola frittella di farina di castagna.
pìpporo: pallina, ad
esempio "pìpporo d'uva", "vestito a pìppori".
pipiume:
minuzzame.
gavòccioro: bubbone, tipo quelli della peste.
lèzzore:
ragnatele.
avere sfogo: avere soddisfazione.
lulli', lelli':
quello li', quella li'.
togo: buffo, strano, ridicolo.
bruglioro:
brufolo.
gavorchio: persona con brutte sembianze.
avvoltorato:
attorcigliato.
andare a voltori: cascare giù rotolando.
nìfito:
inquieto, incollerito.
ciaffata: schiaffo, ceffone.
ciospo:
tonto, che si muove goffamente.
aonco: sforzo del vomito
(ahhhuighh).
labbrata: manata nel muso dalla parte delle nocche.
acciuccignare:
sguarcire, rendere grinzoso.
stintignare: dimenare al fine di
staccare una cosa.
sciambrottare: agitare dei liquidi in bottiglie
facendo rumore.
chiorba: testa.
mammalucco: grullo,
citrullo.
sciabigotto: balordo, scminunito.
ciottoro:
rottame, pezzo di qualcosa andato in frantumi.
fuffigno: affare
imbrogliato maliziosamente, garbuglio, intrigo, frode.
sgraciolare:
sgretolare, disfare.
pallòccoro: batuffolo, pallina.
spisciorare:
zampillare.
Si ringrazia Riccardo Lucchesi per la consulenza sul
significato dei termini popolari antichi presenti nel testo.
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