"Daria Vincenti, pittrice lombarda, vive e lavora nelle colline lucchesi.
Studi classici alle spalle, un grande amore per le discipline orientali,
i lunghi viaggi e la scuola di italo Antico. A chi le domanda come nascono i
suoi quadri, risponde che essi germinano in modo spontaneo, costruendosi
quasi per forza autonoma e comunque senza conformarsi a un preciso progeto di partenza.
C'e' qualcosa di bretoniano in questa descrizione e in effetti i dipinti recenti arieggiano esperienze surrealiste,
se non in qualche misura espressioniste.
Si avverte lo studio e l'assorbimento di Munch e Van Gogh, di Picasso (anni 30 e 40) e Sutherland.
I colori appaiono piu' contrastati, talora perfino cupi o accesi da volute dissonanze, stesi con impeto in
modo da lasciare scoperte le tracce del movimento del pennello sulla tela, con accensioni corrusche e
sordi bagliori. Le forme mantengono referenti organici, per quanto dissimulatisi riconoscono corpi,
volti, ombre, misteriose forme vegetali o animali.
Ai margini dei quadri le forme si rarefanno e una piatta cornice di tinte neutre, oscure, sembra
alludere allo schermo psichico dal quale esse scaturiscono.
Chiameremo i quadri "confessioni" o "apparizioni", forse anche improvvisazioni se il termine
tanto usato da Kandisky non implicasse un confronto con la musica che non e' nelle intenzioni
della pittrice, la quale semmai a chi la spinga a indicare un referente extra-artistico per le sue opere,
in linea con la poetica surrealista suggerisce un confronto con la ricerca psicoanalitica."