IL CONCETTO DI ARTE:
DEFINIZIONE FILOSOFICA
Premessa
La filosofia si occupa di diverse questioni,
come la logica, la morale e la metafisica (chi siamo, da dove veniamo e dove
andiamo). Non è il caso di dibattere sull'esistenza di Dio e
sull'infinito in questa sede, dato che la domanda che ci poniamo è
semplicemente: "cos'è l'arte?".
Una domanda alla quale
hanno provato a rispondere coloro che hanno scritto trattati di filosofia
estetica, almeno fino alla fine del secolo scorso, in quanto con le avanguardie
artistiche (cubismo, espressionismo, ecc.), la pittura astratta, la negazione
dell'arte ad opera del movimento dadaista, i tagli sulla tela e l'arte moderna
in generale hanno reso quasi impossibile una classificazione dell'arte, e
soprattutto a separare l'arte dalla non arte.
L'arte non è tutta
bella come un prato fiorito, poiché alcuni artisti rappresentano le
angosce e i problemi del loro tempo con mucchi di rifiuti, plastica bruciata e
foto di cadaveri in fosse comuni. L'arte non è tutta comprensibile, a
differenza di opere del passato come il David di Michelangelo: scarabocchi,
rumori strani e pareti rivestite con pentole bucate e tinte di verde si
presentano nei musei agli occhi dei visitatori sconcertati, al posto di quadri e
statue. Bastano pochi spiccioli per farsi fare un ritratto o comprare un
paesaggio dipinto ad olio, e poi una tela con qualche schizzo di colore
apparentemente casuale vale una fortuna.
Infine, una delle linee di
pensiero predominanti è quella che considera l'arte soprattutto dal punto
di vista del suo impegno sociale, la cosiddetta "arte impegnata", la
quale deve denunciare i mali della società, deve essere vera,
propositiva, o addirittura diventa una esclusività dei movimenti
ecologisti, pacifisti, di sinistra, e così via.
Ammetto che la
definizione standard da vocabolario del termine "arte" sia
restrittiva, quindi anche inesatta, ma questo non significa, a mio parere, che
l'arte sia allo stesso tempo tutto e niente, che niente possa essere definito
arte e che tutto sia arte, perché in questo modo si rinuncia in partenza
alla ricerca estetica, e ci si deve fidare di quello che ci dice il vicino di
casa, delle quotazioni raggiunte alle aste, nonché del professore di
disegno con l'esaurimento nervoso.
Il risultato è un clima in cui
nessuno ha il coraggio né di proclamarsi artista, né di criticare
l'arte altrui, in quanto c'è una gran confusione, senza inizio, né
fine, né logica alcuna. L'unica cosa che si sa è che i quadri e le
statue antiche sono arte di certo, che a rifarle uguali ora non è alla
moda e d'altronde se inventi qualcosa, questo non sarà considerato un
gran che, almeno finchè non sei morto. Questo significherebbe, in altre
parole, che una volta c'erano un sacco di grandi artisti, e oggi l'arte non la
può fare più nessuno, perché non nascono più i "geni".
Quello che voglio dimostrare invece, è che l'arte antica non è
migliore di quella attuale: l'arte contemporanea, oltre ad esistere, è
prodotta da più persone, e non è così diversa da quella
antica, in quanto l'arte è un prodotto dell'uomo per l'uomo, e non mi
risulta che la gente nasca diversa da come nasceva in passato. E' vero comunque
che l'arte per gli uomini primitivi era vita quotidiana, non c'era distinziona
tra artisti e non artisti, la gente si abbelliva la grotta con i graffiti, si
faceva i vasi, eccetera. Così nelle diverse epoche e società
l'arte è stata unita alla religione, alla vita quotidiana, al potere,
eccetera.
Questa comunque è storia, che va conosciuta ma non ci deve
legare o far travisare la contemporaneità: oggi il concetto di arte è
separato dagli altri, quindi quello che a me interessa focalizzare è il
concetto di arte dell'uomo moderno occidentale, senza evocare né gli
uomini primitivi, né gli esperimenti d'avanguardia contemporanei che,
essendo esperimenti, saranno valutabili obiettivamente solo tra decenni.
La validità
dell'Estetica di Benedetto Croce alla fine del XX secolo
A mio avviso, l'ultimo che ha provato
veramente a definire cosa sia l'arte, e quindi inevitabilmente di definire cosa
non sia, è Benedetto Croce, e non a caso sono uno dei pochi crociani
convinti della fine del XX secolo.
Benedetto croce non si studia, non è
né fascista né comunista, non ha scritto romanzi, insomma non
serve a nessuno in questa epoca. Non è nemmeno una star come Platone,
Aristotele, Kant o Hegel, e non c'entra niente con la filosofia orientale tanto
in voga oggigiorno.
Personalmente però questo conservatore, che ha
vissuto mezzo novecento rimanendo coerente con l'ottocento e sbeffeggiando
l'arte moderna, non può che restarmi simpatico, e godere tutta la mia
stima.
Ho scritto che la tendenza contemporanea è quella di non
provare a definire cosa sia e cosa non sia l'arte, tentendo semmai a
politicizzarla. E non mi interessa la questione del mercato dell'arte che
assegna alle opere un valore ed un significato diverso da quello pensato dagli
autori, con speculazioni varie: quello che mi interessa è la concezione
dell'arte.
Il collezionista vede le opere d'arte come qualcosa da
catalogare e smerciare, il profano compra secondo il suo "gusto", lo
studioso considera le opere d'arte come fonte di sapere, i ricchi e i potenti si
adornano di arte come segno di prestigio, ma "cosa è l'arte"
costoro possono benissimo non chiederselo.
Chi si pone questa domanda,
solitamente giunge a sommarie conclusioni in stile "fenomenologico"
come M.Dufrenne, che scrive: "La bellezza non puo' salvarsi se non in forza
di quella che chiamiamo bruttezza, che sorprende, sconcerta, suscita angoscia e
per alcuni godimento.
Il senso della crisi dell'arte è forse
l'avvento di un'arte popolare, cioè prodotta da tutti gli individui che
si sentono stimolati a questo tipo di produzione: la casalinga che prepara la
tavola per un pranzo festivo, colui che cura il giardino; anche "un bello
sciopero" operaio può essere arte".
In altre parole l'arte è
sia il bello che il brutto, e la fanno tutti in tutte le attività umane;
Dufrenne termina definendo la pratica dell'arte come un gioco, a cui si gioca
per il piacere e la bellezza del gioco, ispirati da un desiderio di bellezza, al
di là del fatto che tale gioco sia un lavoro utile o redditizio: la donna
che cuce un abito sogna un bell'abito, lo scioperante che sia un bello sciopero.
E si deve provare piacere nel produrre, per quanto sia difficile l'impresa.
Sinceramente non comprendo come mai Dufrenne prima asserisca di fatto che tutte
le produzioni umane sono arte, e poi termini tagliando fuori dall'arte tutte le
cose "serie", ad esempio per molti artisti con forti crisi
esistenziali o depressive la produzione artistica è qualcosa di sofferto,
non certo un giochetto piacevole, tanto che molti sono morti suicidi.
E non
mi sento neanche di considerare non-arte le opere di certi artisti i quali
pensano soprattutto al denaro, all'indottrinamento politico-religioso o alla
fama, se il risultato è magistrale.
I luoghi comuni e il concetto di arte
per l'uomo medio di fine millennio
E' interessante anche verificare cosa la gente
comune intende per arte. A tal proposito posso rifarmi alla pagina presente in
un sito internet, contente le risposte dei visitatori alla fatidica domanda: "Cos'è
l'arte?".
Si tratta di un campione di persone che, avendo l'accesso ad
internet, sono benestanti ed istruiti, ma non sono esperti di filosofia
estetica. Questo rende le risposte molto creative, infatti l'arte per alcuni è
"la vita come dovrebbe essere", ossia l'arte viene considerata alla
stregua di una religione, o di politica.
Per altri l'arte è "qualsiasi
cosa nell'universo che non sia natura, ma prodotto dell'uomo" , inserendo
nel campo dell'arte anche la risoluzione di una equazione e i lavori ripetitivi
degli operai nelle catene di montaggio, cose certamente non naturali e prodotto
dell'uomo.
Altri specificano anche che "se l'arte non è funzionale, è
vandalismo tollerato", escludendo quindi tutto ciò che non è
commissionato o inserito nel processo produttivo, dipinti di Van Gogh compresi.
Altri definiscono arte "qualsiasi stimolazione che provoca una
emozione", dimenticandosi che in questo caso arte potrebbe essere la
grandine, la cui stimolazione certamente provoca una emozione, ma è un
prodotto naturale e non l'opera di un artista.
Tra le risposte, un certo Andy R. scrive che " l'arte è il caos
totale, è tutto e niente ", cogliendo l'assenza di punti fermi, veri
o falsi, nell'insieme delle altre risposte.
Torniamo indietro e ricominciamo da
capo
Lasciando stare gli approcci
poetico-idealistici che portano ad evitare una ricerca estetica sistematica,
credo che sia più dignitoso provare col vecchio sistema, molto più
rigido, ma che almeno porta a sbagliare in modo più logico ed ordinato.
Direi di partire dalla definizione da dizionario del termine "arte",
che per esigenze di brevità è una brutale sintesi, parziale e
quindi erronea, ma adatta come base. L'arte, distinta dalla tecnica, è
definita come una attività legata alla ricerca del raggiungimento di
qualcosa di bello, compiuto, dotato di senso e avente in sé la propria
meta; viene fatto notare anche che l'arte può influenzare il
comportamento sociale, perchè fornisce modelli e simboli che
rappresentano lo stile dell'epoca.
In sostanza se l'arte è la ricerca del bello, siamo rimandati al
termine "bello", che viene definito come "ciò che produce
nell'animo un sentimento di ammirazione e di piacere disinteressato, collegato
con il bene, con l'armonia (accordo di più elementi o parti che produce
un effetto gradevole) e con la proporzione (giusto rapporto di misura fra cose
in relazione tra di loro o di parti rispetto a un tutto)".
Ovvero siamo rimandati ai termini "ammirazione", "piacere","bene","accordo",
"giusto rapporto", che a loro volta ci farebbero girare all'infinito
per il dizionario senza avanzare nella ricerca. D'altronde il dizionario svolge
il solo compito di definire un vocabolo mediante altri vocaboli, non è
un testo di filosofia.
Stabilito che l'arte è la ricerca del bello, e che il bello è
in relazione con l'ammirazione e il piacere, l'unico modo per proseguire è
di iniziare ad escludere qualcosa, ossia definire cosa non è arte. Questo
compito è egregiamente svolto da Benedetto Croce, il quale afferma che:
L'arte non e' un fatto
fisico.
Non si possono chiamare arte certi colori,
certe forme o suoni. Per esempio il verde non e' arte, ma le pennellate di verde
in un quadro sono artistiche in quanto disposte secondo l'intuizione del
pittore.
Allo stesso modo in musica non e' bella una nota o un'altra in
particolare, ma come le note sono suonate nella melodia. Se ad esempio il DO
fosse piu' bello del RE, e di tutte le altre note, allora una musica fatta
solamente di DO ripetuti dovrebbe essere piu' bella di una fatta con le alte
note. Ma questo ovviamente non e' vero.
Vedendo qualcosa di bello spesso si cerca la ragione della sua bellezza
nella sua natura esterna, considerando belli certi colori o brutti altri, ma
questo e' un errore: sbagliamo se distraendoci dal senso di una poesia,
rinunciando al suo godimento, ci mettiamo a contare le parole di cui la poesia
e' composta, o se distraendoci dall'effetto estetico di una statua, la misuriamo
e la pesiamo.
Sbagliamo anche se pensiamo di poter fare arte semplicemente usando lo
stesso violino di Paganini, o la penna di Dante, o il pennello e i colori di
Leonardo: l'arte sta nel come questi mezzi sono stati usati, non nei mezzi
stessi.
L'arte non e' un atto utilitario qualsiasi.
Utile significa "che procura piacere,che
appaga un bisogno". Ad esempio bere un bicchiere d'acqua dissetandoci
procura piacere e appaga il bisogno di bere, ma non e' arte. L'arte non e' il
piacevole in genere, ma una particolare forma di piacere.
L'arte non e' un atto morale.
La morale e' un insieme di norme sociali o
religiose che definiscono quali azioni sono giuste e quali sbagliate: ad esempio
per la morale cristiana uccidere e bestemmiare sono atti immorali.
Se un
pittore dipinge un assassinio, cioe' un atto moralmente riprovevole, il quadro
non sara' moralmente riprovevole: l'immagine non e' ne' lodevole ne' riprovevole
moralmente, non si puo' giudicare morale il triangolo o immorale il quadrato, ma
solo gli atti o le intenzioni.
Si potra' raccomandare di non mostrare e non far leggere ai bambini certe
pitture, certi romanzi, ma questa raccomandazione del vietare si aggirerà
nella sfera pratica e colpirà i libri e le tele, che verranno chiusi in
un armadio, o perfino bruciati in un "rogo delle vanità" alla
Savonarola. L'ordine e la logica delle varie forme dello spirito, rendendole
l'una necessaria per l'altra e percio' tutte necessarie, scopre l'errore del
negare l'una in nome dell'altra.
E' stato chiesto agli artisti di contribuire all'educazione e
all'indottrinamento del popolo, al servigio della Chiesa e dello Stato, ad
esempio le illustrazioni nei libri, i bassorilievi raffiguranti storie della
bibbia presenti nelle chiese medievali, le insegne pubblicitarie, i manifesti di
propaganda dei regimi, eccetera.
In questi casi c'è il rischio che l'arte sia oltrepassata e limitata
da un intento pratico, come quello di introdurre negli animi una certa "verità"
filosofica, storica o scientifica: l'arte quindi diventa un mezzo per un fine, e
può essere dissolta in questo fine. Questo non significa che tutte le
statue dei dittatori e i manifesti di propaganda politica, tutte le
illustrazioni di libri, tutti i messaggi pubblicitari, tutte le raffigurazioni
della Bibbia non siano arte.
Non si può neanche considerare arte la totalità degli oggetti
inutili e senza riferimenti al mondo reale. Il fatto che l'arte non sia un atto
morale significa semplicemente che arte può essere anche un ritratto di
Hitler come un film pornografico o una messa nera in nome di satana, se il
risultato ha una formidabile potenza espressiva e l'esecuzione è
magistrale; allo stesso modo è inopportuno considerare arte molte opere
mediocri al di là del fatto che rappresentino il bene, che siano utili o
che non siano fatte per un fine pratico.
Si può immaginare grossolanamente l'artista come una nuvola e l'arte
come pioggia: ci sono nuvole che producono più o meno gocce, e nel corso
dell'esistenza di ogni singola nuvola i venti (ossia le circostanze della vita)
portano a periodi più o meno produttivi, e sopratuttto a piovere in zone
diverse.
Quello che ci interessa è la pioggia, la sua quantità e
qualità, non dove piove: se le circostanze della vita hanno portato un
grande artista a credere in ideali che giudichiamo sbagliati, nessuno ci vieta
di condannarlo moralmente e di considerare ripugnante la sua opera, allo stesso
modo nessuno ci vieta di avere una ammirazione speciale per le opere che
rappresentano i nostri ideali; basta che sia chiara la separazione tra arte e
morale almeno a livello filosofico, rendendoci conto che nel valutare qualsiasi
cosa, arte compresa, le nostre convinzioni morali ci portano a svalutare ciò
che avversiamo e a ipervalutare ciò che sosteniamo, e il giudizio finale è
più morale che estetico.
L'arte non è né conoscenza
concettuale, né storica.
La conoscenza concettuale, come la la fisica e
la matematica, e' realistica e mira a stabilire la realta' contro l'irrealta',
dando maggior valore a cio' che e' vero rispetto a ciò che è
falso.
Ad esempio se in fisica una teoria risulta sbagliata (quello che
dice è falso), perde la sua importanza; analogamente un calcolo
matematico sbagliato sara' corretto. Anche la storia fa distinzione critica tra
realtè ed irrealtà, realtà di fatto e realtà
immaginate.
Ma l'arte è al di fuori da quelle distinzioni, l'intuizione
artistica non può non distinguere tra realtà e irrealtà, può
essere pura idealità: ad esempio l'esistenza storica di Ulisse è
indifferente dalla qualità di una poesia o di un dipinto che ne narra le
vicende.
Se un pittore dipinge una piramide egizia rovesciata che sta in equilibrio
sulla punta, è evidente che per la fisica è impossibile, e per la
storia è un falso; ma artisticamente non sorge alcun problema nei
riguardi di un'inesattezza storica o scientifica.
La matematica e la geometria sono annidate e operanti nelle arti, ma non
sono l'arte stessa: mentre la geometria e la matematica operano con astrazioni,
l'arte contempla le forme e le relazioni numeriche.
Chi domanda se cio' che e' espresso in un opera d'arte sia vero o falso, fa
una domanda senza significato, perche' chiedendo se una cosa che vede, sente o
legge è vera o falsa, vuol dire che quella cosa esiste, almeno dipinta,
scolpita o suonata, come ad esempio esiste la piramide rovesciata nell'ipotesi
precedente, sia come intuizione dell'artista, che come dipinto.
L'arte non è filosofia.
La filosofia è fatta di ragionamenti
logici sull'esistenza, mentre l'arte è fatta di intuizioni, di simboli e
analogie, che vanno al di là di ogni ordine logico-razionale.
Quando dal linguaggio e dalla logica propri dell'intuizione artistica si
passa ad una riflessione o un giudizio razionale, negando l'inspiegabile e
correggendo gli "errori", l'arte si dissipa. Kant nella "critica
del giudizio", contro gli utilitaristi dimostrò che il bello piace
anche senza interessi utilitari, contro gli intellettualisti, che esso piace
anche senza concetto.
Quando un artista lascia penetrare nell'arte ciò che è
artisticamente immotivato, abbia pure le più nobili motivazioni,
l'insieme risulterà artisticamente falso, perchè il dovere di
artista è il più urgente.
L'arte non è un semplice gioco di
immaginazione.
L'arte è solo un mondo di immagini
prive di valore filosofico, storico, religioso, scientifico o morale? Un inutile
e confuso fantasticare?
Naturalmente no. Leggendo, ad esempio, un romanzaccio, o seguendo una
telenovela, immagini si susseguono ad immagini, ma sappiamo bene che questa non
è arte, e lo facciamo per passare il tempo quando siamo stanchi: è
un bisogno utilitario che ci spinge a sdraiarci a riposare la mente e la volontà,
lasciando sfilare immagini in una sorta di dormiveglia, cercando semplicemente
intrattenimento in una varietà di immagini di cose piacevoli o di
interesse affettivo.
Ma l'arte non la produce chi sta sdraiato ad immaginare, nell'arte il
problema e' quello di convertire il "tumultuoso sentimento" in "chiara
intuizione", non di pensare un caotico ammasso di immagini.
Occorre fare attenzione al significato dei termini "intuizione",
e "sentimento" per il Croce: a suo avviso "l'intuizione è
veramente tale solo quando rappresenta un sentimento, e solo da esso o sopra di
esso può sorgere", intendendo il sentimento come quella forza
inspiegabile che l'artista sente in sè davanti alla bellezza, e per
intuizione un particolare lavoro mentale diverso da quello usuale legato alla
logica.
Il Croce rivisita il contrasto di due tendenze artistiche: il Romanticismo,
che chiede all'arte l'effusione degli affetti, degli amori e degli odi, e si
accontenta di immagini vaporose, torbide e indeterminate; il Classicismo invece
che ama l'animo pacato, le figure studiate ed equilibrate, precise e chiare nei
loro contorni.
Dicono i romantici, "A cosa serve un'arte ricca di immagini nitide, se
non parla al cuore?" E i classici rispondono: "A che serve mostrare
gli affetti, se lo spirito non riposa soddisfatto su un'immagine bella, che cosa
importa l'assenza di quelle commozioni che tutti possono cercare fuori
dell'arte, e che la vita non manca di fornire, anche più di quanto si
vorrebbe?".
Ma se si volge lo sguardo alle opere non degli scolari, ma dei sommi
maestri delle due tendenze, non si possono chiamare nè romantiche nè
classiche, nè passionali nè rappresentative, perchè lo sono
insieme: si tratta di "un sentimento che si è fatto rappresentazione
nitidissima".
L'arte comunque non è il sentimento nella sua immediatezza. Un poeta
che descrive una scena tragica o un pittore che la dipinge, non delira, non
impietrisce nel viso, non piange, ma esprime armoniosamente quelle emozioni,
assottigliando i propri sentimenti, per esprimersi nella maniera piu' precisa e
universalizzante possibile.
Il concetto di intuizione , espressione e
comunicazione
Il Croce precisa che un'immagine non espressa,
che non sia parola almeno mormorata, canto, disegno, pittura, scultura, non
esiste: è soltanto una illusione.
E' normale che si rida di quelli
che dicono di aver pensato grandi cose, ma di non saperle esprimere, di aver
ideato grandi pitture, ma "solamente" non riescono a tradurle in
dipinti, poesie e musiche perchè, dicono, sono insofferenti
all'espressione, o danno colpa alla tecnica che per loro non è abbastanza
progredita da offrirgli mezzi sufficienti: li offriva tanti secoli fa a Omero, a
Mozart e a Michelangelo, ma non li offre a loro!
L'intuizione e l'espressione sono quindi un'unica cosa, e l'impressione che
siano momenti separati ci provengono dall'illusione di possedere, in ogni
istante, immagini concrete e vive, quando in realtà si posseggono solo
segni e nomi frammentari, insufficienti per esprimere qualcosa compiutamente.
Si potrebbe obiettare che tutti pensano le immagini compiutamente, ma solo
gli artisti più bravi sono in grado di disegnarle precisamente, grazie
alla bravura tecnica e l'esperienza: in altre parole, molti sarebero in grado di
pensare visivamente la Gioconda o un ritratto di Raffaello, ma solo i pittori
sono in grado di "stampare" tale immagine su un media, quale la tela.
Ciò
è falso: si pensi ad esempio ad una figura geometrica semplice, simile ad
un rettangolo o un triangolo: chiunque è in grado tecnicamente di
disegnarla, eppure quando si crede di avere in mente una figura geometrica,
spesso al momento di disegnarla non otteniamo il risultato sperato, proprio
perchè in mente avevamo soltanto un'idea confusa, solo apparentemente
netta.
Questo significa che solo Raffaello ha compiutamente intuito
visivamente i suoi ritratti e, più in generale, solo chi esprime qualcosa
intuisce veramente e compiutamente qualcosa.
Provate a immaginare il volto
di una persona che vedete tutti i giorni, e sicuramente crederete di sapere
tutto sulla sua fisionomia: provate a descrivere quel volto a memoria, a
disegnarlo, e invece scoprirete di sapere ben poco di definito.
E si badi
bene che Raffaello e Michelangelo non hanno un sistema diverso di intuire,
immaginare ed esprimersi, rispetto ad un uomo qualsiasi: la differenza sta nella
maggiore quantità di elementi e precisione, determinati da una
predisposizione naturale, ma sopratutto dall'integrazione di esperienza, teoria
e osservazione di forme ed emozioni.
Non esistono i "geni" che
cadono dal cielo come alieni e sanno subito produrre grandi opere, questo
presupporrebbe l'inconscienza e la meccanicità del processo artistico, il
quale invece è cosciente e, anzi, coinvolge ed integra i campi della
mente e dell'azione fisica, nonchè la conoscenza e l'esperienza.
La
comunicazione, invece, è una cosa realmente distinta, essendo il
fissamento dell'intuizione-espressione in un oggetto fisico: ad esempio, la
poesia è già intera quando il poeta l'ha espressa in parole dentro
di sé, e scrivendola o stampandola si entra in un nuovo stadio, di molta
importanza pratica, sociale e culturale, il cui carattere però non è
estetico.
Così il pittore che dipinge, non potrebbe dipingere se in ogni
stadio del suo lavoro l'immagine intuita non precedesse il tocco del pennello;
infatti nei casi in cui quel tocco precede l'immagine, egli riconosce l'errore
cancellandolo e sostituendolo.
La distinzione tra espressione e comunicazione e' difficile da individuare
perche' solitamente i due momenti si susseguono rapidamente e sembrano uniti. Di
qui la confusione tra arte e tecnica: la tecnica, legata alla comunicazione,
comprende le regole da applicare nell'attivita' pratica, ad esempio nel
costruire i mezzi per il ricordo e la comunicazione delle opere d'arte, (nozioni
sulla preparazione delle vernici, ecc.).
I trattati di tecnica non sono trattati di estetica, e la confusione e
sostituzione dell'arte con la tecnica, e' fatta spesso dagli artisti incapaci,
che sperano dalle cose pratiche e dalle invenzioni tecniche, quell'aiuto e
quella forza, che non trovano in se stessi.
Se i pittori fossero solo
combinatori di luci e colori, ricercatori di novita' e di effetti, sarebbero
inventori tecnici e non artisti.
Il lavoro della comunicazione ossia della conservazione e divulgazione
delle immagini artistiche, guidato dalla tecnica, produce gli oggetti materiali
detti "artistici" e "opere d'arte":quadri, sculture,
edifici, scritti, spartiti, dischi, cassette, videocassette e cosi' via.
La
distinzione tra arte espressa in suoni, o linee, o colori, od oggetti e' per lo
più tecnica e razionale; si tratta comunque di arte, appunto comunicata
per mezzi diversi. L'artista, che abbiamo lasciato vibrante di immagini, è
uomo pratico, e trova i mezzi per non lasciar disperdere il suo lavoro "spirituale"
facendo atti pratici, che sono guidati da conoscenze, e che perciò si
dicono tecnici e, distinguendosi dalla intuizione che mentale, si dicono fisici
(modificano il mondo fisico).
Si può essere grande artista e cattivo
tecnico, ad esempio pittore che adoperi colori che si alterano facilmente,
architetto che si serva di materiale non adatto, ma è impossibile che un
gran poeta faccia male i suoi versi, che un gran pittore non intoni i colori,
che un grande architetto non armonizzi le linee, che un gran compositore non
accordi i toni e, insomma, che un grande artista non si sappia esprimere.
Le bellezze naturali
Da notare che il cosiddetto "bello di
natura", con cui si designano persone, cose, luoghi, che per i loro effetti
sugli animi sono accostate alla pittura e alle altre arti, non sono arte, perché
non sono l'opera di un uomo per un'altro uomo, o meglio non sono
l'interpretazione che un uomo ha dato di quelle cose.
Se per esempio una vetta rocciosa e innevata ci comunica una forte
sensazione, questo è solo un caso, quella montagna non è certo
nata per darci senzazioni; questa sua caratteristica però può
essere sfruttata da un artista, il quale sceglie un punto di vista per lui
ottimale, la luce giusta, quindi la dipinge o la fotografa: il risultato è
un prodotto artistico, dove l'artista si è risparmiato di immaginare
tutta la scena, ma avendo scelto le inquadrature, dando un significato al
soggetto, ha compiuto un processo artistico, usando come tecnica la pittura (più
flessibile per modificare ciò che si vede) o la fotografia (dove l'arte
si concentra esclusivamente nella scelta di luci ed inquadrature).
Leggermente diverso è il caso di belle donne e uomini, o visi
espressivi, in quanto le forme umane esercitano sugli umani un effetto
comunicativo non casuale: ad esempio le donne sono dotate di forme sinuose
proprio per attrarre gli uomini, e il viso di un bambino ispira tenerezza in
modo che siano protetti.
Queste relazioni tra forme umane ed emozioni sono
volute eplicitamente dalla natura, in ogni caso una bella donna in se non è
arte, finchè un artista non la dipinge, o fotografa, e così via.
Quindi, in entrambi i casi, abbiamo delle "bellezze naturali" che
esercitano sugli uomini un effetto emotivo: non si tratta di arte, ma l'artista
può approfittarne per capire la causa di tali effetti e riprodurre tali
cause in un'opera d'arte al fine di comunicare qualcosa.
La critica e la storia dell'arte
La critica letteraria ed artistica è
spesso considerata dagli artisti come un tirannico educatore, che da ordini
capricciosi, impone proibizioni e concede licenze, giovando così o
nuocendo alle loro opere determinandone la sorte.
Perciò gli artisti
o le si fanno intorno sottomessi, adulatori, in cuor loro detestandola; oppure,
quando non ottengono il loro intento o l'animo fiero gli vieta di scendere a
quella finzione ipocrita, le si rivoltano contro negandone l'utilità e
beffeggiandola.
La colpa è degli artisti che non sanno che cosa sia
la critica, e ne aspettano favori che essa non è in grado di concedere, o
ne temono danni che non è in grado di infliggere: essendo chiaro che,
come nessun critico può rendere artista chi artista non è, ma solo
spacciarlo per tale, così nessun critico può mai abbattere un
artista, che sia artista, al massimo tentare di deprimerlo.
Ma, talvolta, sono i critici stessi che si atteggiano ad oracoli, a guide
dell'arte, a veggenti, a profeti, e sono scontenti dell'arte che si produce nel
presente, e ne vorrebbero una simile a quella che si faceva in questa o quella
eta' passata o un'altra che dicono di intravvedere nel futuro.
E'
necessario aggiungere che quei critici capricciosi non sono tanto critici
quanto, piuttosto, artisti mancati, che tendono bramosi ad una certa forma
d'arte che non hanno raggiunto, sia perché contraddittoria e vaga, sia
per le loro scarse capacità, serbano l'amarezza dell'ideale inattuato e
non sanno far altro che evocarne dappertutto la presenza.
Talvolta sono
artisti non mancati, ma che non accettano forme d'arte diverse dalla propria,
accrescendo la gelosia, di cui molti valenti artisti si sono macchiati. Gli
artisti dovrebbero, a questi artisti-critici, rispondere pacatamente: "Proseguite
con la vostra arte ciò che fate così bene, e lasciate fare a noi
quello che possiamo fare noi"; e agli artisti mancati e critici
improvvisati: "Non pretendete che facciamo noi ciò che non avete
saputo fare voi".
C'è una concezione della critica vista come un giudice che deve
distinguere il bello dal brutto nell'arte che è stata prodotta.
Ma è
un attività inutile, non c'è bisogno della critica per distinguere
il bello dal brutto: la produzione stessa dell'arte non è altro che
questa distinzione, perché l'artista giunge alla purezza dell'espressione
eliminando quello che non gli piace.
La critica concepita come giudice,
uccide il morto o dà vita al vivo, cioè fa cosa inutile.
Infine, la critica come interpretazione o commento, che deve restringersi
al solo compito di fornire informazioni sul tempo in cui fu eseguita l'opera e
su ciò che rappresenta, spiegando le forme linguistiche e le allusioni,
lasciando che l'arte operi spontaneamente nell'animo del suo fruitore, che lo
giudicherà secondo il suo gusto.
Il critico, in questo caso, viene rappresentato come una guida: la critica è
l'arte di insegnare a leggere meglio le opere. La critica d'arte è anche
critica storica, quindi non dovrà semplicemente approvare e rifiutare,
bensì spiegare, perchè non esistendo nella storia fatti negativi,
ma solo fatti: ciò che al gusto appare brutto, non sarà brutto
nella considerazione storica: anche se considerato non artistica, un'opera sarà
qualche altra cosa, e avrà la sua importanza storica, tanto è vero
che è esistita.
Risposte a tre domande fondamentali:
- Le preferenze estetiche di una persona
rimangono le stesse col passare degli anni?
Nell'età giovanile piace di solito
l'arte passionale ed esuberante, fatta di espressioni immediate e pratiche
(amorose, ribelli, patriottiche, umanitarie); man mano nasce sazietà e
nausea di questi entusiasmi, e sempre più piacciono opere d'arte pure
nella forma e che non saziano mai, o eventualmente che evocano momenti felici
del passato.
Il gusto quindi si affina con gli anni.
- L'arte consiste nel contenuto o nella forma?
Il contenuto può piacere per la moralità
del soggetto, o per l'esattezza ed il realismo di esso; la forma per l'armonia,
la simmetria, e così via.
Contenuto e forma si possono distinguere, ma non possono separatamente
qualificarsi come artistici, dato che è artistica solo la loro relazione
e interazione.
E' sbagliato dire che un dato pittore sarebbe più
grande se non sprecasse la sua abilità con soggetti piccoli e indegni, e
ne scegliesse altri più "importanti". Il sentimento senza
immagine è cieco, l'immagine senza sentimento è vuota.
- Tra le diverse forme d'arte, quale è
la più espressiva artisticamente?
Dal punto di vista puramente estetico, un
romanzo, una pittura e un bassorilievo non vanno giudicati considerando se
l'opera osserva o viola le leggi del romanzo, della pittura o del bassorilievo,
cosa che può anzi limitare l'azione dell'artista.
Considerando poi
l'arte divisa in settori e generi, quale di questi sarà superiore? La
pittura o la scultura, il dramma teatrale o il cinema? L'Opera, per esempio, in
cui si riuniscono poesia, musica, arte scenica, non avrà maggiore forza
estetica di un semplice disegno leonardesco? Questa domanda ha poco senso, in
quanto ogni opera è amata per quello che è, avendo in sé il
suo pieno, peculiare e insostituibile valore.
Inoltre, non è corretto
dire che un disegno ci da solo emozioni visive, mentre una musica ci da emozioni
auditive, in quanto l'arte (se è arte) supera e fonde i sensi: si pensi
alle pitture che rappresentano una superficie vellutata, la dolcezza di un
frutto, una nevicata: le senzazioni evocate sono di tipo tattile, gustativo e
anche di freddo. Lo stesso si può dire delle immagini che vengono in
mente sentendo dei suoni, leggendo una poesia, e così via.
Copyright (C) Fabio Ciucci, 1994